Brexit: cosa cambierà per il commercio con l’UK?

Impresa e Lavoro

Brexit conseguenze fiscali per UE e Regno Unito

Dopo la Brexit cosa cambierà in materia di scambi economici con l’UK? L’uscita del Regno Unito dall’UE comporterà, negli anni a venire, importanti ripercussioni sia per i Paesi che rimarranno ancora a far parte dell’Unione sia per i professionisti e le imprese che hanno collaborazioni commerciali con il Regno Unito.

È chiaro infatti che per queste imprese, il sistema ERP (Enterprise resource planning), inteso come il sistema di gestione e di integrazione dei processi di business rilevanti di un’azienda, dovrà necessariamente essere modificato. Modifiche che però non dovranno essere necessariamente apportate in modo istantaneo, ma potranno avvenire nel corso degli anni.

Aliquota IVA Regno Unito: i possibili cambiamenti

Uno dei primi effetti dell’uscita dall’Unione sarà l’eliminazione dei diritti riservati agli Stati membri dell’UE per il Regno Unito, che verrà trattato come gli altri Stati non UE. Di conseguenza cesseranno anche i trattati attualmente in vigore. A quel punto la Gran Bretagna dovrà sottoscrivere dei nuovi trattati formali con l’Europa e gli altri Paesi, e sarà inevitabile affrontare anche la questione delle imposte.

Con l’indipendenza del Regno Unito infatti il Paese non è più legato ai principi dell’Unione Europea e ha quindi la possibilità di modificare i processi fiscali e le proprie norme per il fisco internazionale come meglio crede.

Ogni professionista, società o impresa dell’UK dovrà dunque conformarsi alle norme comunitarie che sono applicate alle società che non fanno parte dell’UE, mentre le imprese europee che hanno cambi commerciali con il Regno Unito dovranno soddisfare le nuove regole che imporrà il regime britannico.

Questo significa che non ci potranno più essere cessioni intracomunitarie da e per il Regno Unito, poiché le cessioni e le vendite saranno tutte considerate come importazioni ed esportazioni.

Ma questo non è tutto. L’operatore britannico che dopo la Brexit vorrà continuare a commerciare con l’UE dovrà obbligatoriamente nominare dei rappresentanti fiscali in un Paese dell’UE. Cosa che avrà un impatto anche sulle licenze e sulle potenziali registrazioni IVA supplementari.

Cosa è Brexit dal punto di vista fiscale

Ma cosa cambierà dal punto di vista dell’IVA con la Brexit? Guardando la cosa con uno sguardo positivo, l’uscita dall’UE potrebbe portare una Gran Bretagna più flessibile dal punto fiscale. E se fino ad oggi le aliquote IVA dell’Unione dovevano essere tra il 15% al 25%, con la Brexit il governo britannico avrà un maggiore spazio di manovra e potrà decidere di fissare nuove aliquote.

È possibile anche che la Gran Bretagna decida di estendere il campo di applicazione per l’esenzione dell’IVA e imporre un nuovo tipo di aliquota per determinati prodotti o servizi. Un quadro che potrebbe definire un aumento dell’IVA su beni alimentari, ma considerati “di lusso” (perché non di prima necessità) come bevande il cioccolato, le gassate, l’alcool e le sigarette.

Allo stesso tempo però si potrebbe registrare una riduzione, o addirittura l’esenzione dell’IVA, per tanti altri beni e servizi ritenuti molto importanti e che già oggi godono di una riduzione dell’aliquota.

Brexit 2017: cosa cambia per vendite e acquisti

E cosa cambierà invece per le vendite e per gli  acquisti da e verso il Regno Unito? Fino al referendum britannico, che ha definito l’uscita dall’UE, le cessioni e gli acquisiti di beni e servizi tra UK e altri paesi dell’Unione Europea, erano operazioni intracomunitarie e prevedevano quindi l’obbligo di versare l’IVA sui beni inviati e ricevuti, per consentire la libera circolazione delle merci.

Ma ora la Brexit decreta la fine dell’obbligo per le imprese di presentare gli elenchi Intrastat. Non solo, con l’uscita della Gran Bretagna dall’UE, le cessioni e gli acquisti tra UK e altri Paesi dovranno essere trattati rispettivamente come esportazioni e importazioni. Operazioni che saranno quindi soggette a dazi IVA e a dazi doganali, ossia tasse che devono essere versate per far entrare o uscire i beni dai Paesi Ue o dal Regno Unito.

Questo potrebbe portare a un significativo aumento dei costi di importazione e di esportazione dei beni da uno Stato all’altro e un allungamento dei tempi per ottenere il rimborso dell’IVA assolta sull’acquisto da parte dell’operatore del Regno Unito. Tempi che potrebbero arrivare a circa 6-8 mesi, mentre i soggetti residenti nell’Unione Europea sono richiesti 4 mesi.

Regno Unito IVA, vendite e acquisti con i Paesi dell’UE

Nessun cambiamento invece per le prestazioni di servizio, poiché le prestazioni rese nei confronti di un operatore che non risiede in un Paese dell’UE richiedono l’emissione di fattura fuori campo IVA perché l’operazione viene tassata al committente.

Le prestazioni ricevute dagli operatori italiani invece sono assoggettate al cosiddetto reverse charge, e di conseguenza l’unico effetto della Brexit sarà considerare l’operatore britannico (da cui si riceve il bene o il servizio) come residente di uno altro Paese non UE, senza più aver l’obbligo di compilare e inviare l’Intrastat.

Ricordiamo infine che a causa del Brexit, il Regno Unito non fa più parte dell’Unione doganale UE, per cui lo Stato dovrà nominare un rappresentante fiscale presso uno Stato membro dell’UE se vorrà continuare a fare operazioni di e-commerce diretto.

Operazioni che saranno in ogni caso soggette al MOSS (Mini One Stop Shop), regime IVA che agevola la riscossione dell’imposta da parte degli operatori esteri che erogano servizi tramite mezzi elettronici. Ricordiamo inoltre che stando a quanto stabilito dal Piano d’azione 2016 dalla Commissione europea nel breve periodo gli obblighi Moss saranno estesi anche all’e-commerce indiretto.

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