La nuova riforma del lavoro, da tutti conosciuta come Jobs Act, ha portato con sé anche la novità del contratto a tutele crescenti che tante critiche ha ricevuto dai sindacati e dagli stessi lavoratori. Da un lato, infatti, c’è il Governo che sostiene di aver creato uno strumento snello, capace di invogliare i datori di lavoro ad assumere nuovamente in quanto meno vincolato.
Dall’altro, invece, ci sono i detrattori che ritengono i contratti a tutele crescenti un notevole passo indietro sulla strada per la lotta dei diritti dei lavoratori. Favorevoli o contrari, tuttavia tutti i contratti di lavoro a tempo indeterminato sottoscritti a partire dal 7 marzo 2015 rientrano in questa categoria. Ma cosa sono e cosa prevedono? Scopriamo nella breve guida che segue.
Che cosa sono i contratti a tutele crescenti e come funzionano?
Guida
I contratti a tutele crescenti sono la novità introdotta dal Jobs Act. Questo tipo di contratto sostituisce le molteplici forme contrattuali precedentemente presenti e ha permesso alle aziende che hanno assunto entro il 31 dicembre 2015 di usufruire per le nuove assunzioni di uno sgravio fiscale totale per la durata di 36 mesi.
Una delle novità più rilevanti riguarda il diritto al reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa. Infatti, il datore di lavoro non è più obbligato a riassumere il lavoratore ma viene prevista un’indennità economica di importo variabile che cresce in relazione all’anzianità di servizio: non può mai essere inferiore alle 4 mensilità e mai superiore alle 24.
Inoltre, per il licenziamento è fatto possibile il ricorso non più al giudice del lavoro ma tramite una conciliazione stragiudiziale in sede protetta.
Nuovo Contratto a Tutele Crescenti: A chi si applica?
Il contratto a tutele crescenti si applica a tutti i lavoratori che vengono assunti con contratto a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015. I lavori contrattualizzati fino al 6 marzo hanno, invece, il contratto definito a tutela piena ad origine in quanto la riforma del Jobs Act non è retroattiva.
Queste regole valgono, però, esclusivamente per i lavoratori del settore privato in quanto per quelli della Pubblica Amministrazione sono valide ancora le regole precedenti, in particolare quelle relative all’articolo 18. Il contratto a tutele crescenti viene applicato anche a chi ha avuto la trasformazione del contratto a tempo determinato in indeterminato e agli apprendisti che sono stati qualificati dopo il 7 marzo.
Le principali novità per le aziende
Per i datori di lavoro, il contratto a tutele crescenti rappresenta uno strumento operativo snello che permette di gestire in modo più semplice i rapporti di lavoro all’interno dell’azienda stessa. In particolare, venendo meno l’obbligo di reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa, l’azienda può affrontare più serenamente ogni nuova assunzione sapendo che il contratto a tempo indeterminato non diventerà una pesante catena ma potrà essere gestita secondo le necessità dell’impresa.
Di fatto, quindi, il contratto a tutele crescenti abolisce l’articolo 18, tanto odiato dal mondo imprenditoriale. Inoltre, per le aziende che hanno provveduto ad assumere entro il 31/12/2015 è stato possibile usufruire degli sgravi fiscali sui contributi. Secondo alcuni, proprio gli sgravi avrebbero costituito il motivo di successo del Jobs Act, terminati i quali i contratti a tempo indeterminato avrebbero ricevuto una battuta d’arresto.
Infine, tutta la procedura di licenziamento e di conciliazione non deve necessariamente avvenire in un’aula di tribunale, il che vuol dire che si risparmia nelle spese e si riesce a raggiungere un accordo in tempi molto più veloci.
Contratti a Tutele Crescenti: Le novità per i lavoratori dipendenti
Per il lavoratore l’introduzione del contratto a tutele crescenti ha rappresentato soprattutto una maggiore semplicità nel riuscire ad ottenere un contratto a tempo indeterminato in quanto le aziende, sapendo di essere meno strettamente vincolate, utilizzano più volentieri questa forma contrattuale.
Inoltre, in caso di licenziamento, il lavoratore avrà diritto a un’indennità economica che cresce con il passare dei mesi di anzianità lavorativa (da qui il nome stesso attribuito al contratto). Inoltre, diventano più snelli anche i tempi di decisione per la risoluzione contrattuale, permettendo così al lavoratore di accedere all’indennità economica in tempi ragionevoli.